La Bibbia e le lettere ai Romani, Corinzi, Galati, Efesini, Filippesi, Colossesi e Tessalonicesi

2739 Visualizzazioni 12 È piaciuto

La Bibbia: Lettera ai Romani

Quando dettò questa lettera, Paolo si trovava a Corinto presso l’amico Gaio.

Si tratta di una lunga e dettagliata trattazione della dottrina sviluppata dall’apostolo.

Scritta molto tempo dopo le altre lettere, quella ai Romani incorpora i grandi temi della predicazione di Paolo, ma non tutti.

Si ha a volte l’impressione che Paolo affidi a queste pagine una sorta di testamento spirituale.

Apprendiamo che vorrebbe recarsi a Roma, ma, per il momento, ne è impossibilitato.

Poiché i cristiani di Roma non hanno mai beneficiato direttamente di un insegnamento apostolico (da parte di un apostolo), Paolo si ripromette di visitare questa comunità e pianifica il viaggio, anticipando le proprie intenzioni e gli argomenti che intende sviluppare.

Desidera soprattutto incoraggiare i cristiani di Roma, messi di fronte a scelte difficili e soggetti a enormi pressioni nel cuore dell’impero di Cesare.

La Lettera ai Romani è indubbiamente la più commentata e quella che ha maggiormente “plasmato” la Chiesa.

È divenuta ben presto oggetto di studio (tra i suoi primi esegeti figurano Origene, san Giovanni Crisostomo, sant’Agostino).

Fu proprio leggendo questa lettera che il monaco agostiniano Martin Lutero ricevette l’illuminazione della sua vita, scoprendovi il concetto della gratuità della salvezza e della giustificazione (la remissione del peccato per dono divino) per fede.

I grandi temi della lettera

  • La giustificazione per fede. La giustificazione è l’atto con cui Dio rende “giusti” i peccatori perdonando i loro peccati.
    Si tratta di un atto gratuito (quello che si chiama “grazia”) in risposta alla fede del credente.
    La giustificazione non si consegue con le buone azioni (né con le buone opere, le opere di carità).
  • Gesù Cristo è il nuovo Adamo. Paolo sviluppa il concetto della giustificazione con un’illustrazione audace: “Il giudizio viene da uno solo, ed è per la condanna, il dono di grazia invece da molte cadute, ed è per la giustificazione.
    Infatti se per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di quel solo uomo, molto di più quelli che ricevono l’abbondanza della grazia [gratuita] e del dono della giustizia [giustificazione] regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.
    Come dunque per la caduta di uno solo si è riversata su tutti gli uomini la condanna, così anche per l’opera giusta di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giustificazione, che dà vita.
    Infatti, come per la disobbedienza di un solo uomo tutti sono stati costituiti peccatori, così anche per l’obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti” (Romani 5:16-19).
  • La Legge divide l’uomo (l’espressione torna con la formula “la Lettera uccide” in 2 Corinzi 3:6).
    L’uomo sa ciò che è bene, ma fa ciò che non lo è, come animato da una potenza distruttiva; confrontate, per capire meglio, il passo proposto qui di seguito.
  • Il rifiuto di Israele. Il proposito di Dio era quello di rendere il popolo di Israele un modello per l’umanità, ma Israele sembra aver fallito in questo ruolo.
    Dio affida dunque la missione a un altro popolo, formato da uomini e donne di tutte le razze e di tutte le nazioni, il cui comune denominatore sarà la fede in Gesù, il Figlio di Dio.

Eccone un passaggio emblematico:

“Sappiamo infatti che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato.

Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto.

Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato

che abita in me.

Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità

di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.

Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.

Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.

Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra.

Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mia ragione, servo la legge di Dio, con la mia carne invece la legge del peccato.”

(Romani 7:14-25)

La Bibbia: Le due lettere ai Corinzi (1 e 2 Corinzi)

Quella di Corinto è una Chiesa fondata dallo stesso Paolo ed era, probabilmente, la più importante dell’epoca. Giunto in quella città, Paolo aveva pensato bene di fondarvi una comunità cristiana.

Situata in un luogo strategico, Corinto era la capitale dell’Acaia (regione del Peloponneso, nella Grecia meridionale), nonché uno dei principali centri della civiltà greca.

Importante collegamento per gli scambi commerciali tra l’Italia e l’Asia, questa città, distrutta da un incendio

150 anni prima della nascita di Cristo era, ai tempi di Paolo, una città nuova, ricostruita da Cesare.

La sua popolazione contava circa 700.000 abitanti, oltre la metà dei quali erano schiavi.

Città cosmopolita, era il luogo di ogni eccesso.

Sovrastava la città il Tempio dedicato ad Afrodite (la Venere dei Romani), in cui centinaia di sacerdotesse

praticavano la prostituzione sacra.

L’espressione “vivere da Corinzi” significava “vivere nelle dissolutezze”, ed è in questo contesto che Paolo evangelizza e fonda una Chiesa.

Questa missione è fondamentale nella vita di Paolo ed è qui che l’apostolo capisce che se si vuol far crescere la comunità dei fedeli non ci si può limitare all’obiettivo della conversione dei soli Ebrei.

Paolo ha, infatti, incontrato una forte resistenza cercando di annunciare il Vangelo nelle sinagoghe della diaspora. Disgustato da tanta ostilità, ha deciso di lasciar perdere e di predicare a tutti.

Paolo si tratterrà a Corinto per due anni, e in seguito rimarrà in contatto epistolare con questa Chiesa, alla quale scriverà non meno di quattro lettere. Due di queste sono conservate nel Nuovo Testamento, mentre le altre due sono andate perdute.

Pare che la Prima lettera ai Corinzi sia, in effetti, la seconda; mentre la Seconda lettera ai Corinzi sarebbe, in realtà, la quarta… Tutto chiaro, no?

I grandi temi delle due lettere

  • In entrambe le lettere, Paolo esprime innanzitutto il proprio disappunto riguardo ad alcune notizie pervenutegli dalla Chiesa di Corinto.
    Gli sono stati segnalati, infatti, dei disordini di tipo morale e l’apostolo si trova ad affrontare diverse problematiche fra cui l’incesto, le dispute legali tra credenti, i rapporti con il denaro e i doni spirituali.
    Dà inoltre qualche suo personale consiglio sul matrimonio e su un dubbio di natura “etico-alimentare”: si possono mangiare le carni degli animali sacrificati agli idoli?
  • Le manifestazioni dello Spirito, ossia i carismi. Paolo scrive: “Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue” (1 Corinzi 12:4-10).
  • La santità. Il cristiano è “uno” con Cristo. Unito a lui, non può più fare del proprio corpo ciò che vuole né, tantomeno, abbandonarsi all’immoralità sotto qualsiasi forma.
  • La prassi della cena del Signore (o eucaristia).
  • Risposta alle accuse personali. Soprattutto nella seconda lettera, Paolo replica con veemenza ad alcune accuse con cui si cerca di mettere in discussione la sua autorità e il suo ministero.
    Mentre si difende, l’apostolo fornisce qualche dettaglio sulla sua vita personale, sui suoi progressi, sulle persecuzioni subite.
    Paolo denigra gli accusatori e annuncia che tornerà a Corinto per fare un po’ di pulizia.

L’amore perfetto

Ecco il celebre passo contenuto in 1 Corinzi e noto come L’inno all’amore:

Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità [amore], sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.

E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità [amore], non sarei nulla.

E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità [amore], a nulla mi servirebbe.

La carità [amore] è magnanima, benevola è la carità [amore]; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità.
Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.

La carità [amore] non avrà mai fine.
Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà.
Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo.

Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.

Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino.

Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.

Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia.

Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto.

Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità [amore]. Ma la più grande di tutte è la carità [amore]!

(1 Corinzi 13)

La Bibbia: Lettera ai Galati

Quella ai cristiani della Galazia (regione che oggi si troverebbe in Turchia) è senza dubbio una delle lettere più rilevanti di Paolo.

Scritta molto tempo prima di quella ai Romani, contiene una convinta apologia (cioè difesa) del Vangelo, espressa con uno stile esemplare dal punto di vista retorico.

Secondo alcuni commentatori si tratta di una delle prime lettere dell’apostolo, che qui dà già una bella prova di carattere.

Nell’odierna Istanbul ci sono un quartiere e una torre chiamati, entrambi, Galata: un’evidente traccia del passaggio dei Galati in quella regione.

Si ritiene che questo fosse un antico popolo di guerrieri, giunto dalla Gallia attraverso lo stretto dei Dardanelli attorno al 280 a.C., per stabilirsi soprattutto nell’antica Ancira (l’odierna Ankara, capitale della Turchia).

La Chiesa destinataria di questa lettera di Paolo si trovava dunque in Asia Minore (Anatolia).

L’apostolo Paolo ha visitato più volte la regione e vi ha fondato delle Chiese.

Dopo la sua partenza, però, sono arrivati altri predicatori che hanno generato confusione e problemi annunciando un Vangelo diverso.

Infatti, coloro che Paolo taccia di turbare i credenti e sovvertire il Vangelo di Cristo hanno esortato i cristiani di origine non ebrea a piegarsi al rito della circoncisione, segno di appartenenza al popolo di Dio sin dai tempi di Abramo.

Informato della cosa, Paolo reagisce energicamente sostenendo che soltanto la fede salva e che la circoncisione, che non è altro che un segno, non ha più ragione di essere.

Paolo si sorprende che i credenti da lui stesso istruiti siano stati capaci di cambiare idea tanto in fretta.

Con argomentazioni ispirate all’Antico Testamento, ma anche alla propria esperienza personale, l’apostolo

spiega, dunque, che la Legge ha ceduto il posto alla fede, nonostante il credente sia comunque tenuto a rispettarne le regole.

Per inciso, Paolo torna a difendere la propria autorità apostolica, precisando che questa gli viene direttamente da Dio: egli fa notare che il titolo di “apostolo” non gli deriva dalle autorità della chiesa di Gerusalemme bensì direttamente da Dio, che lo ha designato “l’apostolo dei pagani”.

Paolo si ritroverà spesso a dover rammentare ai propri lettori che quei predicatori del Vangelo che tornano al legalismo veterotestamentario sono sulla strada sbagliata.

“Cristo ci ha liberati per la libertà!

State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

Ecco, io, Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla.

E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato a osservare tutta quanta la Legge. Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti dalla grazia. Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata.

Perché in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo della carità.

Correvate così bene!

Chi vi ha tagliato la strada, voi che non obbedite più alla verità?

Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama!

Un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta.

Io sono fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque egli sia.

Quanto a me, fratelli, se predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato?

Infatti, sarebbe annullato lo scandalo della croce.

Farebbero meglio a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio!

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà.

Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri.

Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: Amerai il tuo prossimo come te stesso.

(Galati 5:1-14)

La Bibbia: Lettera agli Efesini

Efeso si trova sulla punta occidentale della Galazia (l’attuale Turchia).

Paolo ha abitato in questa città per oltre tre anni e vi ha fondato una Chiesa, entrata ben presto in concorrenza diretta con quella degli adoratori di Diana (Artemide), fino a scatenare un’accesa protesta dell’associazione dei mercanti.

Infatti, l’allora fiorente commercio legato alla produzione e alla vendita di statuette, simulacri e altri articoli religiosi cominciava a risentire dell’influenza dei cristiani.

“[A Efeso] Un tale, di nome Demetrio, che era orafo e fabbricava tempietti di Artemide in argento, procurando in tal modo non poco guadagno agli artigiani, li radunò insieme a quanti lavoravano a questo genere di oggetti e disse: “Uomini, voi sapete che da questa attività proviene il nostro benessere; ora, potete osservare e sentire come questo Paolo abbia convinto e fuorviato molta gente, non solo di Efeso, ma si può dire di tutta l’Asia, affermando che non sono dèi quelli fabbricati da mani d’uomo.

Non soltanto c’è il pericolo che la nostra categoria cada in discredito, ma anche che il santuario della grande dea Artemide non sia stimato più nulla e venga distrutta la grandezza di colei che tutta l’Asia e il mondo intero venerano”.

All’udire ciò, furono pieni di collera e si misero a gridare: “Grande è l’Artemide degli Efesini!”. La città fu tutta in agitazione.”

(Atti 19:24-29)

L’apostolo parla qui della Chiesa, di quella che dovrebbe essere la sua preoccupazione principale.

E, soprattutto, dell’unità.

Già allora i cristiani rischiavano di dividersi a causa della diversità di idee e di interpretazione, per esempio perché qualcuno pretendeva di conservare o adattare alcuni precetti ebraici alla fede cristiana, sminuendo così l’importanza e il ruolo di Gesù.

Paolo, al contrario, fa ricondurre tutto a Cristo: per fede, grazie alla sua opera di riconciliazione, Ebrei e non Ebrei sono un popolo solo in lui; questo aspetto del messaggio di Paolo è essenziale:

“Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo.

Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo.

Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne.”

(Efesini 2:11-14)

A partire da questo concetto, Paolo sviluppa l’idea del “collante” che mantiene la Chiesa unita e coesa.

“Io dunque, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.

Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo.

Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.”

(Efesini 4:1-6)

La Bibbia: Lettera ai Filippesi

Durante il suo secondo viaggio missionario, l’apostolo Paolo riceve in modo del tutto eccezionale l’ordine di partire per la Macedonia.

Un uomo gli è apparso in sogno e gli ha detto, da parte di Dio, di recarsi in quella regione.

Di fatto, giunto a Filippi, città in cui vivevano molti reduci romani, Paolo tocca per la prima volta il suolo europeo. Questa è una nuova tappa per il Vangelo.

Nel libro degli Atti degli Apostoli si narra di come Paolo e i suoi collaboratori (Timoteo, Sila e, certamente, anche

Luca) abbiano fondato la Chiesa di Filippi partendo da un gruppo di donne che erano state favorevolmente impressionate dal loro messaggio.

Sembra che Paolo sia passato più volte a Filippi, dove aveva avuto anche qualche problema (vi era stato incarcerato), ma alla quale era particolarmente affezionato.

Molti cristiani di Filippi avevano contribuito al sostegno economico dell’apostolo.

Paolo scrive questa lettera, soprannominata “la lettera della gioia”, dal domicilio coatto di Roma.

Ringrazia i suoi benefattori per la loro fedeltà e cerca di rassicurare gli amici riguardo alla sua detenzione.

Certo, è prigioniero, ma non ha perso la speranza e il morale è alto, tanto che, pur nella situazione in cui si trova, riesce a testimoniare il Vangelo.

Paolo offre qui un insegnamento particolare su Gesù, spiegando che lui si è abbassato volontariamente per venire in soccorso dei più piccoli.

Il tono di questa lettera è estremamente cordiale e svela un aspetto inedito della personalità di Paolo.

“Se dunque c’è qualche consolazione in Cristo, se c’è qualche conforto, frutto della carità, se c’è qualche comunione di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione, rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi.

Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri.

Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: Egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.

Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.

Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome.”

(Filippesi 2:1-9)

La Bibbia: Lettera ai Colossesi

Da quanto sappiamo di Paolo e dei suoi viaggi, l’apostolo non si è mai recato a Colosse (città a sud dell’attuale Turchia).

La comunità cristiana di lì è stata fondata da un certo Èpafra, che ha parlato a Paolo di questa Chiesa suscitando nell’apostolo il desiderio di scriverle.

Si tratta di una lettera simile a quella indirizzata agli Efesini, e tuttavia molto originale, in cui si incontrano termini ed espressioni estranei al vocabolario delle altre epistole paoline.

L’autore ricorda gli insegnamenti del Vangelo e, soprattutto, mette in guardia i suoi lettori da certi pericoli, evidentemente accennatigli da Èpafra.

Per alimentare la religiosità a Colosse, si stanno diffondendo idee strane: il culto degli angeli, l’osservanza del calendario liturgico ebraico, precetti alimentari che ricordano da vicino quelli dell’Antico Testamento…

Paolo spazza via questi dubbi con risolutezza e ricorda che l’opera di Cristo abolisce, rendendole obsolete, le antiche leggi.

“Ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce.

È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati.

Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze.

Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui.

Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono.

Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa.

Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose.

È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.”

(Colossesi 1:12-20)

La Bibbia: Le due lettere ai Tessalonicesi - (1 e 2 Tessalonicesi)

Dopo aver lasciato la città di Filippi, Paolo si reca a Tessalonica, dove si trattiene per circa tre mesi.

Come al solito, si presenta dapprima nelle sinagoghe per annunciare che il Messia di Israele è Gesù.

La sua predicazione non è molto apprezzata e Paolo incontra ben presto delle difficoltà, addirittura delle minacce. Questo è il motivo per cui lascerà questa città in tutta fretta.

Qualche tempo dopo scriverà una prima lettera ai giovani cristiani della comunità, seguita da una seconda.

Questi due sono certamente gli scritti più antichi del Nuovo Testamento.

Fin dai primi anni della cristianità, si tramanda il messaggio del futuro ritorno di Gesù: poiché egli ha annunciato che tornerà a stabilire il suo regno sulla terra, occorre farsi trovare pronti per il grande evento (chiamato “avvento” o “parusìa”).

I Tessalonicesi, come del resto i Corinzi, pensavano che il ritorno di Cristo fosse imminente, ma col passare del tempo si rese necessario spiegare e fare le debite precisazioni riguardo a questo annuncio.

Questo è uno dei grandi temi delle due lettere di Paolo ai Tessalonicesi: da un lato l’apostolo esorta i suoi lettori a essere sempre pronti, giacché il ritorno di Cristo è imprevedibile (Cristo tornerà “come un ladro”) e, d’altro canto,

fornisce loro alcuni indizi su ciò che, secondo le profezie, dovrà accadere prima di questo secondo avvento. Nell’entusiasmo dell’attesa della prossima venuta di Cristo, i Tessalonicesi rischiano di trascurare la retta condotta da tenere, e così Paolo ricorda loro i principi dell’etica cristiana.

“Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente.

Nessuno vi inganni in alcun modo!

Prima infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel Tempio di Dio, pretendendo di essere Dio.

Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose?

E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo.

Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene.

Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta.

La venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati.

Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell’iniquità.

Noi però dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità.

A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.

Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera.”

(2 Tessalonicesi 2:1-15)

La Bibbia: Approfondimenti


Tratto da La Bibbia per tutti for Dumies


Staff La Casa della Bibbia


Pubblicato in: La Bibbia

Lascia un commento

Entra per postare commenti

Navigazione Blog

Ultimi post

Consenso cookie