Un testo ricopiato 5.000 volte

La Scrittura non può essere annullata (Giovanni 10:35)

Traduzione copta ed etiopica in Africa, Antico Testamento ebraico in Palestina, Bibbia Siriaca in Oriente, versione Vulgata latina in Occidente: a questo canovaccio che rappresenta la trasmissione della Bibbia nel Medioevo, manca ancora il soggetto centrale, i manoscritti della Parola di Dio in greco.

Nell'anno 315, Costantino pubblica l'Editto di Milano, I cristiani disseminati nell'Impero Romano non devono più temere la persecuzione, l'incarcerazione o il martirio; possono ormai riunirsi liberamente per adorare il loro Signore.

Nei primi tre secoli, erano stati presi severi provvedimenti contro i copisti e i possessori di testi cristiani. Sotto l'autorità dei Cesari le persecuzioni erano state spietate. Così dei preziosi frammenti delle Scritture erano circolati in modo clandestino da una comunità all'altra. A quell'epoca non si poteva leggere scrivere o diffondere la Parola di Dio senza rischiare la propria vita.

Fu così che Eusebio (270-340), uno di questi propagatori della Scrittura, era stato gettato in prigione dagli emissari di Diocleziano, che regnò dal 284 al 305.

Liberato in seguito dalle misure di tolleranza decretate da Costantino, Eusebio riceve un ordine da parte dell'imperatore: organizzare e sorvegliare la copiatura di 50 Bibbie complete in greco. Eusebio ha sofferto a motivo del suo attaccamento alla scrittura; è ora ricompensato poiché, su richiesta imperiale, “egli fonda in un certo modo la prima società biblica della storia”.

Si può benissimo farsi un'idea di questi documenti preziosi, redatti secondo i metodi dell'epoca, poiché altre Bibbie del IV sec. sono state miracolosamente preservate, e ritrovate in tempi moderni (vd. cap. 17).

Da qualche secolo le pergamene avevano a poco a poco sostituito i rotoli di papiro. Il loro utilizzo si era diffuso largamente dopo la loro scoperta a Pergamo, nel II sec. prima dell'era cristiana.

Il re Eumeno II (195-159 a.C.) era molto ambizioso, egli formò una biblioteca che avrebbe voluto superiore a quello di Alessandria, sebbene questa contasse 50.000 opere. Ma egli non desiderava rifornirsi di papiro dal suo rivale Tolomeo d'Egitto. Così incaricò i suoi tecnici, che erano eccellenti conciatori, di preparare un altro materiale di scrittura.

Le pelli di diversi animali furono trattati a Pergamo, da qui l'espressione greca «pergamene». Quando l'apostolo Paolo pregò Timoteo di portare «i libri (papiri), e soprattutto le pergamene» (2 Timoteo 4:13), il testo originale usa l'espressione «membrana», che fa pensare alla provenienza animale del materiale usato per la redazione degli scritti apostolici.

La parola latina «vellum» indicava, nell'antichità, le pergamene molto costose preparate con pelli di vitello. Succedeva abbastanza spesso che gli stessi fogli servissero successivamente a due testi diversi, di cui uno veniva inserito come soprastampa dell'altro. Alla biblioteca nazionale di Parigi si può vedere una di queste curiosità, conosciuta  sotto il nome di Codice Efrem: i caratteri fini di un testo degli Evangeli del V sec. compaiono fra lettere più grossolane di una raccolta di ricette farmaceutiche copiata nel IX sec. Gli specialisti definiscono questo tipo di manoscritti un palinsesto.

Si riunivano le pergamene in quaderni di tre o quattro fogli, poi un certo numero di questi quaderni venivano rilegati, formando così un codice del formato dei nostri volumi infolio. Ogni pagina comprendeva due, tre o quattro colonne di testo scritto in calligrafia artigiana, con la  particolarità di non lasciare spazio tra le parole, cosa che rendeva la lettura molto difficile.

Su ordine di Costantino, le 50 Bibbie di Euselio furono affidate alle Chiese di Costantinopoli che accolsero gli esegeti delle Scritture in greco e promossero i loro lavori. Dopo lo scisma della cristianità (Chiesa d'Occidente e Chiesa d'Oriente), due centri di erudizione biblica emersero dallo smembramento dell'Impero Romano: Roma, depositaria della versione Vulgata latina; Costantinopoli, culla del testo greco bizantino.

Ai tempi delle persecuzioni, gli scribi incaricati di riprodurre i manoscritti della Bibbia avevano eseguito questo lavoro in circostanze particolarmente difficili, scrivendo spesso di nascosto e sotto la minaccia delle autorità, senza mai poter consultare il lavoro analogo di copisti che stavano subendo la stessa sorte in altri paesi.

Ma l'avvento della libertà religiosa modificò completamente questa situazione. Gli esegeti poterono dunque rivolgere tutta la loro attenzione a ricopiare i frammenti delle Scritture conservati fino ad allora,  eliminando quanto più possibile gli errori introdotti dai copisti anteriori.

Ottennero così, con il tempo, esemplari identici nei loro elementi essenziali, un testo «standard» che porta ormai l'etichetta del testo bizantino: questa definizione, di ordine geografico in un primo tempo, non tardò a riferirsi innanzitutto al carattere proprio di questi manoscritti.

Più tardi, i monaci si permisero certe aggiunte o spiegazioni che esercitarono un'influenza determinante su numerose traduzioni ulteriori.

Gli scribi responsabili delle copie in greco assolsero il loro compito il più scrupolosamente possibile. Se veniva scoperto un errore, tutto il manoscritto veniva scartato. Essi obbedivano ad un avvertimento solenne: «Fai attenzione a come esegui il tuo lavoro, perché esso è l'opera del cielo; guardati dall'aggiungere e dal togliere una lettera al tuo manoscritto e rischiare così di distruggere il mondo.»

Non per nulla, secoli più tardi, il conservatore del British Museum, Sir Frederic Kenjan, dichiarava a proposito della Sacra Scrittura: «tenendo in mano la Bibbia, il cristiano può affermare senza timore o esitazione che porta la vera Parola di Dio, trasmessa intatta e senza alterazioni essenziali, di generazioni in generazioni nel corso dei secoli» (citato da Good News Braadcaster, gennaio 1972, p. 9).

Le copie del testo bizantino sono state straordinariamente numerose. Si conoscono circa 200 monoscritti anteriori al IX sec., che sostituirono progressivamente i testi primitivi (detti alessandrini).

Essi sono trascritti in lettere maiuscole, dette onciali (dal latino oncia, pollice). A partire dal IX sec., la scrittura greca si trasforma: è l'apparizione delle lettere corsive, che sono simili a quelle maiuscole  ma occupano meno spazio; altro vantaggio, ogni parola può essere tracciata con una linea continua.

Poco dopo, l'invenzione della carta favorisce ancora la moltiplicazione dei testi biblici, che diventano così numerosi che i traduttori hanno oggi la possibilità di consultare più di 5.000 manoscritti del Nuovo Testamento greco, tutti redatti fra il IX e il XV sec., cioè dal periodo che va dall'invenzione della carta a quella della stampa.

Le varianti di questi 5.000 mamoscritti sono talmente insignificanti che possono essere segnalati in certe edizioni moderne delle Scritture  sottoforma di annotazioni a piè pagina. In breve, si calcola che su 7.959 versetti del Nuovo Testamento, ne esistono appena 10 o 12 nei quali si nutre qualche dubbio di corretta trasmissione; e 8 di questi 12 versetti non consistono che nella differenza di una sola parola e talvolta anche di una sola lettera.

Si può dunque considerare il gran numero di questi monoscritti come una prova convincente dell'autenticità del testo che ci è stato trasmesso; è come se Dio avesse voluto moltiplicare le garanzie della sua preservazione, dimostrando nello stesso tempo agli uomini di tutti i tempi l'importanza delle Scrittura santa e il primato sugli altri libri. Egli ha permesso che, dappertutto e in tutti i tempi, essa fosse ricopiata da scribi consacrati corpo e anima a questo ministerio. Egli ha voluto che la sua Parola fosse diffusa più ampiamente possibile, anche prima che la stampa ne facilitasse la propagazione su vasta scala.

In contrasto, diamo uno sguardo alla situazione dei classici romani e greci trasmessi nel Medioevo. «De Bello Gallico», si basa attualmente solo su una decina di manoscritti, di cui il più antico risale all'anno 900; la storia di Tucidide (circa 460-400 a.C.) ci è pervenuta per mezzo di otto manoscritti greci ricopiati 15 secoli dopo la morte dell'autore; i soli testimoni di come sono stati trasmessi fino ad allora sono alcuni papiri in cattivo stato redatti all'inizio dell'era cristiana. È la stessa cosa per la storia di Erodoto (circa 480-425 a. C.) e per gli illustri scritti attribuiti ad Omero: l'Iliade e l'Odissea.

Coloro che nutrono dei dubbi sull'autenticità della Scrittura farebbero bene a porsi le stesse domande circa i classici greci, per prima cosa perché si ignora tutto della loro storia fra il V sec. a.C. e il IX sec. d.C., e poi perché furono conservati in un  numero di copie estremamente ridotto.

Che diferenza con il Nuovo Testamento, il numero dei manoscritti sfuggiti alle persecuzioni e ll'usura dei secoli supera 5.000 copie! Inoltre, alcuni di essi risalgono al II o al III sec., epoca relativamente vicina a quella in cui sono stati ispirati.

Il Signore Gesù era nel tempio di Gerusalemme e nel corso dei suoi incontri con i dottori della legge pronunciò una dichiarazione il cui eco risuona lungo i secoli:

La Scrittura non può essere annullata (Giovanni 10:35).

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