Mose' utilizza l'alfabeto, la grande scoperta del suo tempo

Perché l'Iddio disse: Splenda la luce fra le tenebre (2 Corinzi 4: 6)

All'epoca in cui gli uomini delle caverne abitavano l'Europa, prodigiose civiltà si sviluppavano nel Medio Oriente.

La storia inizia sulle rive del Tigri e dell'Eufrate, e 60 secoli circa di capovolgimenti internazionali non hanno cancellato le tracce lasciate da questi popoli avidi tanto di conoscenze quanto di conqui­ste; primi fra questi, conviene citare i Sumeri.

Alla luce delle loro scoperte, archeologi e cronisti hanno cercato di situare nel tempo la civiltà dei Sumeri. Essi non giunsero a fare concordare le loro constatazioni: 3500, 4000, 5000 anni a.C.? La­sciamo a questi specialisti la responsabilità di queste ipotesi. Quello che ci interessa, ancora oggi, è il fatto che questo popolo preistorico era già esperto nell'arte della scrittura.

La Bibbia evoca le prime generazioni dell'umanità. In poche pagine, riassume i tratti dominanti di quel periodo oscuro, mostrando in particolare che la prima coppia, Adamo ed Eva, fu oggetto di ri­velazioni speciali da parte del suo Creatore. Le parole divine rivolte alle prime generazioni della umanità non furono tramandate ai loro discendenti solo per tradizione orale. E' possibile che, fin dall'alba della storia, la scrittura li fissò, preservandole così da molte deformazioni o alterazioni. Tutto porta a credere per esempio, che Enoc, il primo profeta della Bibbia, ebbe la possibilità di scri­vere o di fare trascrivere le sue rivelazioni. Lo stesso si può dire del patriarca Giobbe. Sono state trovate in Anatolia e altrove alcuni testi "impressi" sulla roccia, per mezzo di caratteri molto proba­bilmente forgiati nel piombo, come il disco di Festo (isola di Creta, secondo millenario).

Giobbe era molto probabilmente a conoscenza di questo modo di scrittura quando gridò:

Oh se le mie parole fossero scritte! se fossero consegnate in un libro! se con lo scalpello di ferro o col piombo fossero incise nella roccia per sempre! (Giobbe 19:23, 24)

Se i documenti .originali sono stati smarriti, non andarono tuttavia del tutto perduti. Che sia prima o dopo il diluvio, dei credenti ispirati da Dio conservarono questi testi e li trasmisero alle generazioni successive; queste ultime ne presero cura fino al momento in cui, sotto l'impulso deciso dello Spirito Santo, Mosè fu chiamato a redigere la Genesi.

 Allora il soffio divino rivestì il primo scrittore sacro, così come si impadronì in seguito dei suoi suc­cessori: «Non è dalla volontà dell'uomo che venne mai alcuna profezia, ma degli uomini hanno parla­to da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo.» (2 Pietro 1: 21)

Non fu necessario per Mosè fare una cernita della letteratura accumulata fino ad allora. Lo Spirito Santo agì nel suo spirito per fissare la scelta in materia. Lo stesso avvenne per gli altri scrittori sacri e in particolare per i quattro evangelisti che trascrissero la vita terrena del Signor Gesù Cristo, così come lo ricorda l'ultimo versetto dell'Evangelo di Giovanni:

Vi sono ancora molte altre cose che Gesù ha fatte, le quali se si scrivessero ad una ad una, credo che il mondo stesso non potrebbe contenere i libri che se ne scriverebbero (Giovanni 21: 25).

Invece di ricorrere ad una materia morta emergente da documenti trasmessi attraverso la causalità delle circostanze, Mosè ricevette da Dio una rivelazione precisa contenente il messaggio divino. Lo stesso si può dire di tutti coloro che, nel corso dei secoli furono scelti per comunicare il testo della rivelazione divina. Ritorneremo più avanti su questa grande verità dell'ispirazione plenaria delle Scritture.

Gli scambi internazionali erano allora molto ridotti; le civiltà antiche si svilupparono in modo indi­pendente le une dalle altre, sulle rive del Nilo, nel bacino della Mesopotamia, sugli altipiani dell'Anatolia e in Estremo Oriente. Ciascuno di essi inventò il suo proprio sistema di scrittura: geroglifici egiziani, caratteri cuneiforme della valle dell'Eufrate ecc...

Ancora oggi, gli egittologi che si specializzano nello studio dei geroglifici lasciano agli archeologi, che esplorano la Mesopotamia, il compito di decifrare i caratteri cuneiformi, dal momento che ogni sfera di investigazione costituisce un mondo a se.

Tuttavia altri popoli del Triangolo Fertile giunsero ad un grado elevato di conoscenza, subendo indi­rettamente l'influenza e l'apporto culturale dell'Egitto o di Babilonia. Fenici, Ittiti, Assiri, Cananei hanno lasciato numerosi documenti circa i loro scambi commerciali o le loro conquiste militari. Le loro tecniche potevano differire, ma non si può negare che il livello di cultura raggiunto da queste civiltà era in gran parte condizionato dall'uso e dalla propagazione della scrittura.

Ciononostante, gli eruditi del 19° secolo non ammettevano affatto questa teoria. Guidati da Ewald, Kuenen e Wellhausen, gli studiosi presentarono un'ipotesi che, a quel tempo, suscitò molto scalpore. A giudizio della maggioranza, i testi dell'Antico Testamento non sarebbero stati compilati che al tempo della schiavitù  di Israele e di Giuda, cioè circa 1000 anni dopo Mosè.

Questa corrente di pensiero dirigeva le riflessioni filosofiche e teologiche dell'inizio del 20° secolo; si ritrova ancora oggi in certi commentari pregni delle idee distruttive della critica biblica. La storia si è comunque assunta il compito di confutare queste teorie: non soltanto la scrittura ha svolto un ruolo preponderante nello sviluppo della civiltà di un tempo, ma i caratteri alfabetici hanno fatto la loro comparsa a partire dal XVIII sec. a.C,. per diffondersi in Fenicia e in Palestina, a partire dal XV sec., più precisamente nelle regioni che hanno dato origine alla Rivelazione biblica: penisola del Sinai, Israele, Siria e Libano.

Le scritture pittografiche, cuneiforme e geroglifiche erano costituite da alcune centinaia di segni convenzionali, che indicavano ognuno un nome o una sillaba; attraverso un'evoluzione molto lenta, gli uomini scoprirono che potevano esprimere facilmente le stesse idee usando una ventina di lettere. Non era quindi più necessario ricorrere all'erudizione di specialisti; letture e calligrafia diventavano accessibili a tutti i comuni mortali.

Per i suoi vantaggi, questa scoperta può essere paragonata a quella delle cifre arabe, sopraggiunta in seguito: le cifre romane avevano paralizzato l'aritmetica per secoli; ma l'invenzione dello zero rese possibile le addizioni, le sottrazioni, le moltiplicazioni e le divisioni; da allora in poi, la matematica fece progressi prodigiosi. La scrittura alfabetica trasformò anch'essa il modo di vivere d'Israele dap­prima, e progressivamente quello del mondo intero: anche uomini di condizioni modeste impararono a leggere e a scrivere.

E', ciò che confermano i racconti biblici; ci limiteremo qui a citare un solo esempio, che risale al 13° secolo a.C.:

Gedeone..... mise le mani sopra un giovane della gente di Succoth, e lo interrogò; ed ei gli die per iscritto i nomi dei capi e degli anziani di Succoth, ch'erano settantasette uomini (Giudici 8:14).

Testimonianza a prova del fatto che l'istruzione si era diffusa in Israele a tutti i livelli della società. Ma ritorniamo a Mosè. Dopo aver ucciso un'egiziano, fu costretto a fuggire dalla terra dei faraoni. A sua insaputa, si inserì così nel piano soprannaturale di Dio: non era forse necessaria che una impor­tante fase della sua vita si svolgesse nella penisola del Sinai, proprio là dove era nata la scrittura alfabetica? Divenne poi genero di Yethro, sacerdote di Madian. Dire, a quell'epoca, sacerdote significava dire specialista della scrittura.

Quando lo Spirito Santo spinse Mosè a esprimere per scritto il messaggio ricevuto dal suo Dio, ebbe a disposizione una tecnica d'avanguardia: la scrittura alfabetica. Dio aveva dunque permesso questa scoperta che avrebbe fortemente influenzato le successive generazioni in diversi paesi, ricoprendo un ruolo determinante nello sviluppo spirituale del Suo popolo. Ora, in questo momento strategico della metà del secondo millennio prima dell'era cristiana, una seconda scoperta doveva anch'essa essere messa al servizio della Parola Divina: l'uso dei papiri come materiale di scrittura.


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